Matera, Madonna Bruna

Matera, Madonna Bruna

Nel ripercorrere gli antichi sentieri, non possiamo tralasciare una delle celebrazioni patronali più affascinanti e più antiche dell’universo cristiano.
Nei festeggiamenti della Madonna della Bruna, protettrice di Matera, convergono ogni estate suggestioni sia sacre che profane: se il 2 luglio coincide con la ricorrenza della Visitazione, introdotta il 28 aprile del 1386 dall’Arcivescovo di Praga Giovanni Jenstein, e diffusa poi in occidente nel 139, grazie all’opera di Urbano VI, già Vescovo di Matera, e del suo successore Bonifacio IX, la leggenda popolare narra che una giovane e sconosciuta signora domandò a un contadino, durante il periodo della mietitura, di farla salire sul suo “Traino” per accompagnarla a Matera.
La tradizione vuole che la donna, giunta a Piccianello, si trasformasse improvvisamente in una statua della Madonna, dando all’uomo una indicazione precisa, “così, su un carro molto ben addobbato, voglio entrare ogni anno nella mia città”, per poi scomparire misteriosamente.

E’ proprio il carro, che durante la festa ospita la statua della Madonna nella torretta a poppa, riveste un ruolo di primissimo piano nella manifestazione, rivestendosi di solennità religiosa nella scena centrale che sopra vi è rappresentata, una scena ogni anno diversa, scelta dal Vescovo in moda da riprodurre lo spirito delle parabole evangeliche.

I personaggi a contorno sono una vera attrazione per i turisti, uno dei ruoli è il cavaliere della Madonna della Bruna, è sempre stato un ruolo svolto con devozione e fierezza. Espressione del vicinato, il cavaliere rappresenta uno dei tre aspetti della festa: il primo è il sacro rappresentato dalla Madonna, il secondo è il carro trionfale, il terzo è il cavaliere con la scorta. I cavalieri sono circa 90 e non hanno un uniforme, ma un costume da sfilata con decori e colori a piacere, nel quale non deve mancare la corazza, l’elmo, il mantello, l’asta su cui sventola la bandiera con una croce.

La celebrazione raggiunge l’apice nel momento in cui, deposta la statua in Cattedrale, il carro ridiscende in Piazza Vittorio Veneto per essere distrutto dalla folla esultante. Il rito della distruzione del carro, che deve perciò essere ricostruito ogni anno, è un evento che lascia lo spettatore senza fiato, rievocando analoghi riti millenari risalenti ai sumeri e agli egizi, dove si esaltavano il rinnovamento e la rinascita, il mito della fenice che risorge dalle proprie ceneri. Lo “straccio” del Carro identifica anche un entusiasmo spasmodico e adrenalinico che parte dalla folla partecipante, che cerca di afferrare una piccola immagine di cartapesta, un frammento, per poi conservarlo con devozione nella propria casa o nel luogo di lavoro, per mostrarlo con fierezza agli amici.
Questa suggestiva celebrazione sacra re profana insieme, si chiude solo a notte fonda, con i caratteristici fuochi pirotecnici che lambiscono i Sassi e la Murgia.

Info: 334 8002030 – stiltour (chiocciola) asmedia.it

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